giovedì 3 dicembre 2009

Pearl Jam - Backspacer







Pearl Jam
Backspacer
anno 2009
durata 36:00










"Se la coerenza è una virtù nessun'altra

band suona così fedele ai suoi ideali."




Ho voluto iniziare questa recensione con una citazione presa in prestito da un giornale, perchè non c'è nulla di meglio che queste parole a riassumere la carriera, il presente, il futuro e il credo dell'intera vita musicale dei Pearl Jam.
Dopo quasi 20 anni passati sulla cresta dell'onda, gli unici sopravvissuti del movimento "Grunge" danno alle stampe un nuovo album che, se vogliamo, sorprende per la sua estrema compattezza e qualità, merito anche dell'eccellente ritorno di Brendan O'Brien alla produzione.
Un disco immediato e senza fronzoli (il più breve come durata dell'intera carriera del gruppo di Seattle) che colpisce per una buona varietà di stili, grazie anche alla comparsa di strumenti che raramente facevano la loro comparsa nelle passate produzioni del quintetto americano.
Si passa dall'inizio energico di "Gonna See My Friend" e "Got Some" (quest'ultima con un incedere del basso di Jeff Ament molto new-wave) che marcano un pò la direzione dell'intero album, per arrivare a quello che è stato scelto come il singolo per il lancio mondiale dello stesso: "The Fixer" è un pezzo piuttosto anomalo nel catalogo dei Pearl Jam che ad un ascolto iniziale può sembrare anche piuttosto banale ma che in un secondo momento colpisce per la sua semplicità e gioiosità, merito soprattutto delle sue atipiche venature pop.
Si prosegue con "Johnny Guitar", titolo che può trarre in inganno. Ci si aspetta una canzone con citazioni ai Ramones e invece si ascolta un buon brano di rock classico con accordi iniziali che possono ricodare i Rolling Stones. Da sottolineare l'ottima prova vocale di Vedder (standard che mantiene in tutto il disco: una sicurezza) e il sempre chirurgico Matt Cameron, batterista d'altri tempi.
Si arriva al primo capolavoro del disco. "Just Breathe" è di una bellezza disarmante, ricca di dolcezza, pathos e tenerezza sottolineata dalla presenza di una sezione d'archi che, con la chitarra e la voce di Vedder, "dipingono" un quadro a dir poco emozionante. Da notare come si percepisca in maniera forte l'influenza della passata esperienza del cantante nella colonna sonora di "Into the Wild". Non poteva mancare il tributo di Eddie Vedder al mare in "Amongst the Waves", canzone che sembra un tributo ai R.E.M. (d'altronde tutto il nuovo lavoro della band sembra un intero tributo alla musica da loro amata in gioventù). Brano buono ma forse il più debole della compagnia.
Le successiva "Unthought Known" è un ottimo brano, strumentalmente semplice ma piuttosto trascinante, grazie anche al crescendo che porta ad un intermezzo potente, dove si può apprezzare la presenza di Brendan O'Brien, che contribuisce al pezzo con un superlativo apporto al pianoforte. "Supersonic" è la canzone selvaggia che in un disco dei Pearl Jam non può mai mancare. Questa sì è un tributo ai Ramones (era quasi nell'aria), ma che sorprendentemente è ad opera di Stone Gossard e non di Vedder come ci si poteva aspettare. Il chitarrista fa sempre il suo con diligenza e precisione.
Il momento adrenalinico è spezzato da "Speed of Sound", buona ballata rock come solo i Pearl Jam sanno fare oramai, ma che si apprezza di più nella versione "demo", spogliata di tutti gli strumenti e interpretata da Eddie Vedder con la sola chitarra acustica e qualche sovraincisione di slide-guitar e controcanto. Il rock classico torna a far capolino nella successiva "Force of Nature" ad opera di Mike McCready, chitarrista solista che dà sempre i suoi ottimi contributi ai lavori del gruppo e che sembra quasi l'alter-ego scatenato del più compassato Stone Gossard. In questo brano si possono apprezzare reminiscenze del miglior Neil Young, con cui i Jam in passato hanno anche collaborato.
E si arriva così alla degna conclusione del disco, altro capolavoro del Vedder solista. "The End" è un pezzo che è quasi un pugno allo stomaco. Ma non come ci si potrebbe aspettare. Questo brano colpisce per la sua atmosfera pacata e "drammatica", con il cantante che è protagonista di un'interpretazione meravigliosa e struggente, riuscendo a spingere la voce quasi ai limiti del possibile. Anche qui sono presenti solo gli archi a far da cornice alla sola chitarra acustica. Da spendere una parola per il testo che è davvero pura poesia. Molto toccante.
Per concludere, i problemi se vogliamo sono sempre gli stessi. Molta gente rimarrà perplessa all'ascolto. Riecheggiano ancora nella mente dei più nostalgici le urla sfrenate di Vedder dei primi tempi, difficili da scordare. Ma chi è dotato di un pò di coscienza capirà che i tempi passano e il corpo ne risente. Ma l'anima dei Pearl Jam è sempre lì ed è una delle poche certezze rimaste nel panorama rock attuale. Chi si vuole abbandonare ai ricordi Ten è sempre lì sullo scaffale, chi vuole maturare ed appassionarsi assieme a loro stringa un pò i cd già in possesso e lasci un pò di spazio al futuro.
"Everything has changed, absolutely nothing change!"

8 commenti:

Rita ha detto...

E' un'album che appena posso ascolto con moltissimo piacere. Ha il potere di dare molta carica, ma allo stesso tempo di accompagnarti nei pensieri più remoti. Utile per chi cerca di staccare la spina. E tra l'altro Just Breathe l'hanno messa come sottofondo della pubblicità di House...Bello, bello.
P.S. Luca non potevi descriverlo meglio!

Luca Praino ha detto...

Grazie, Rita. Non vedo l'ora di ascoltarlo in cuffia durante il "possibile" viaggio di domani. Ci affideremo all'ATAC...quindi possiamo affermare che sono nella cacca fino al collo!!!

Shepp ha detto...

Ovviamente, visto che mi conosci abbastanza bene, saprai che ancora lo devo ascoltare...Dalla descrizione pare un bell'album! Just Breathe è quella che doveva far parte della colonna sonora di Into the wild?

Luca Praino ha detto...

Si è presa da un pezzo strumentale di Into the Wild. Si cmq è un bell'album. Poi se a te non piacerà quando e se l'ascolterai poco me ne frega hihihihihi!!!

Captain Howdy ha detto...

E' un mio problema lo so ma e' da "No Code" che li trovo noiosi...l'influenza di Young nel loro caso, come la vedo io, li ha danneggiati.

Luca Praino ha detto...

Beh è normale che il problema sia soggettivo. Io ho detto il mio punto di vista. Capisco anche il tuo, Captain. Io li trovo maturati molto molto bene. Specialmente se penso a Chris Cornell!!!

Shepp ha detto...

Povero Chris Cornell, lo maltrattate soltanto perchè ha fatto un disco da violazione del codice penale con Timberland (quello delle scarpe) e perchè s'e' completamente rincoglionito! Ma vi sembrano argomentazioni valide??

Luca Praino ha detto...

La Timberland ti ha appena fatto causa per associazione impropria del suo marchio alla spazzatura! Scusa Shepp ma mi sa che hanno ragione!

Posta un commento