martedì 30 giugno 2009

Rourke

Rourke
Star Comics
Soggetto e Sceneggiatura: Federico Memola
Disegni: Cosimo Ferri (n. 1), Valentina Romeo (n. 2)
96 pagine
euro 2,70
















Per la prima recensione fumettistica di Doublethink parleremo di Rourke, nuova miniserie Star Comics che con uscite bimestrali ci accompagnerà per due anni esatti. Il primo numero, "Le predilette della luna" è uscito da ormai tre mesi, ad aprile. Il secondo numero, "Le dimore silenziose", uscito a giugno, è ancora disponibile in edicola.
Dublino. Un irlandese considerato da tutti pazzo e disoccupato, in realtà fa un lavoro molto delicato: toglie le maledizioni alla gente e le fa proprie. Già. Rourke, questo il nome del protagonista, assorbe le maledizioni altrui. Poi, grazie a qualche incantesimo, cerca di togliersele di dosso ed eliminarle per sempre. Fantasmi, mostri, qualche intrigo e una storia di fondo che potrebbe occupare tutti e 12 gli albi. Gli ingredienti per una storia interessante ci sono, ma scendiamo un po' più in dettaglio.
Durante le ultime fiere fumettistiche, alla presentazione della miniserie qualcuno ha storto il naso a causa di una dichiarazione dell'autore, Federico Memola, che definiva il suo fumetto " un horror, ma che non fa paura". Scandalo, indignazione e frustazione generale: un horror, "ha da fare paura".
Ma è davvero così? È davvero necessario che un horror sia spaventoso? Che ci costringa a dormire con la luce accesa? Che ci faccia chiudere bene le tapparelle a causa di quel mostro notturno che potrebbe entrare in casa dalle finestre? Le risposte sono molteplici e si potrebbero impiegare pagine intere per dare risposte esaurienti. Sinteticamente, la risposta più ponderata potrebbe essere un diplomatico "Sì e No". Sì, un horror può e deve fare paura. Ma Rourke ha la necessità di fare paura? In questo caso la risposta è No. Perentoria. Decisa. Rourke, come molti suoi cugini bonelli-bonellidi moderni, non è l'essenza horror, non è il paradigma di un genere. È il figlio di un genere, questo sì, ma è soprattutto una commistione. E in quanto commistione, dell'horror prende solo alcuni elementi, ma li affianca ad altro. Al fantasy, innanzitutto.
Federico Memola o lo si ama o lo si odia, ed è per questo che è difficile giudicarlo oggettivamente. Nel panorama bonellide, il suo tocco leggero tendente al fantastico è ormai un marchio di fabbrica. Era difficile pensarlo accostato a un'opera prettamente horror, un'opera che ignorasse la capacità del suo autore di far interagire i personaggi e creare alchimie che funzionano.
Memola ha faticato ad abbandonare la sua passata creatura, Jonathan Steele: prima passa da Bonelli a Star per poter continuare a scrivere del suo bistrattato personaggio. Poi è costretto a chiudere la serie mensile a favore di un paio di speciali all'anno. La magia però continua a farla da padrona, seppur in altre forme e in altri personaggi. E a leggere il mondo iper-magico di "JS parte II" si intravedono alcuni riverberi in Rourke: il popolo antico, le fate, la magia naturale, il sovrannaturale. Insomma, per quanto riguarda l'ambientazione, ci siamo. È ben salda e ha alcuni elementi interessanti, con aspetti che per ora non soddisfano ma che con una oculata gestione potrebbero dare buoni frutti (vedi ad esempio il ruolo della Chiesa nel secondo albo, decisamente poco convincente).
Passando al protagonista, si vede in lui un buon mix di personaggi già noti: un personaggio cupo, un antieroe come molti, un pizzico dello stile narrativo di Jonathan Steele, ma anche alcune somiglianze con Dylan Dog (entrambi indagano l'incubo, sono squattrinati e spesso sono considerati poco più che ciarlatani), con l'unica differenza che, se il londinese creato da Sclavi è totalmente astemio, Rourke è così amante della birra che sono più le pagine in cui è ubriaco di quelle in cui è sobrio.
Però c'è anche altro. Una ben narrata relazione con la figlia, giovanissima ma matura e indipendente, e la presenza costante di un fantasma donna che lo segue ovunque e lo fa sembrare pazzo agli occhi degli sconosciuti.
Ecco, le aspettative dei lettori che si appassioneranno a Rourke non saranno legate a strani e inquietanti mostri; saranno invece legate all'evoluzione del rapporto padre-figlia, ai segreti che sembrano nascondere i personaggi e a quello che -prima di altri- Memola ha inserito nei suoi fumetti: una continuity che sa farsi seguire senza essere opprimente.
Insomma, un buon esordio accompagnato da disegni più che sufficienti. Per il momento la serie paga il debutto e la fatica di rodare i personaggi, ma il futuro, se l'autore manterrà le promesse, si prospetta più che roseo.

lunedì 29 giugno 2009

U2 - No Line on the Horizon






U2
No Line on the Horizon
anno 2009
durata 53:43








L'errore più grosso che la critica musicale possa commettere ogni volta che si parla di una band importante come gli U2 è quello di cercare di spulciare ogni canzone ed ogni nota alla ricerca di qualche eco del passato. Quindi il consiglio che vi posso dare è di ascoltare gli album come amanti della buona musica, senza correre il rischio di farsi otturare le orecchie da tanti pensieri, perchè questo nuovo lavoro della band irlandese è davvero molto buono.
Registrato tra il Marocco, la Francia e l'amata Dublino, "No Line on the Horizon" ha avuto una gestazione particolarmente lunga. La più lunga dell'intera carriera di Bono e soci. Ma dopo essersi dotati di una buona dose di pazienza, i cinque anni di silenzio risulteranno essere un piccolo dettaglio, perchè le canzoni che compongono il 12mo studio album degli U2 posseggono un grado di qualità davvero notevole.
Il particolare che salta all'orecchio dopo il primo ascolto è quello delle atmosfere variegate che si possono trovare all'interno delle canzoni, che riescono a creare, secondo il mio modesto parere da pseudo-grafico, un buon connubio con l'immagine in copertina (opera dell'artista giapponese Hiroshi Sugimoto, intitolata Boden Sea). Molti suoni nuovi e freschi, come non accadeva ormai dai tempi di Pop, risaltano nella composizione delle 11 canzoni, merito soprattutto della partecipazione alla stesura e alla produzione delle stesse della ormai collaudatissima coppia Brian Eno-Daniel Lanois. Un esempio di ciò può essere senza dubbio la "title-track", una buona cavalcata intrapresa tra la sezione ritmica e la chitarra distorta del buon The Edge, che fa da tappeto alla voce di Bono, mai così in forma come in questo album. Le tastiere prese in prestito ai Depeche Mode fanno da apertura a "Magnificent", canzone in pieno stile U2 che ben presto diventerà un nuovo inno per i milioni di fans della band irlandese. Ma i veri capolavori arrivano successivamente, con la bellissima "Moment of Surrender", carica di organi, archi, suoni elettronici e tanto pathos che si distendono per tutti i 7 minuti di durata, e "Unknown Caller", canzone quasi strana per i suoi ritornelli cantati in coro. A completare l'accerchiamento al primo singolo "Get On Your Boots", che quasi stona per la sua estraneità all'interno di tutto il lavoro, ci sono "Fez-Being Born", il momento più sperimentale ed evocativo, a prova del buon momento creativo degli U2, e "Breathe", classico pezzo rock con la chitarra di The Edge in primo piano e un'ottima sezione ritmica, con Adam Clayton mai stato così partecipativo in 30 anni di carriera. La chiusura è affidata a "Cedars of Lebanon", buon pezzo distensivo e degna chiusura dell'album, che ricorda un pò If You Wear That Velvet Dress per le atmosfere che la caratterizzano. Per dovere di cronaca, la scaletta è completata da "I'll Go Crazy If I Don't Go Crazy Tonight" (scelto come terzo singolo dalla band), "Stand Up Comedy" e "White as Snow", che sono trascurabili ma che non stonano all'interno del quadro generale del disco.
In conclusione, "No Line on the Horizon" è un lavoro che soddisferà senza dubbio gli storici ammiratori dei ragazzi di Dublino ma che, a mio parere, non deluderà nemmeno gli appassionati della buona musica Pop-Rock. Certo, i nostalgici che hanno fatto di "The Joshua Tree" un vero e proprio oggetto di culto rimarranno un pò con l'amaro in bocca, ma è altrettanto vero che è sbagliato pretendere da degli agiati 50enni di ripercorrere strade intraprese quando era l'impeto giovanile a condurre la carovana. Questo è senza dubbio l'episodio meglio riuscito dai tempi di "Achtung Baby", e chi ha orecchie per intendere ascolti tranquillamente.

venerdì 26 giugno 2009

X-Men le origini: Wolverine

wolverine


X-Men Origins: Wolverine
USA, 2009
107'; azione, supereroi

Regia: Gavin Hood
Cast: Hugh Jackman, Liev Schreiber, Danny Huston,
Will.i.am, Lynn Collins, Daniel Henney, Kevin Durand, Dominic Monaghan, Taylor Kitsch, Ryan Reynolds, Tahyna Tozzi, Tim Pocock, Patrick Stewart






Generalmente quando vado al cinema non mi carico di aspettative, ma a questo giro era un po' difficile non crearsene, soprattutto per chi come me è appassionata di fumetti e soprattutto degli X-Men. Le potenzialità per questo film c'erano tutte, ma la delusione era dietro l'angolo. Voglio iniziare col dire subito che Wolverine non è un film brutto, credo che i film brutti siano ben altri, ma le premesse per creare una sorta di "capolavoro" (o comunque uno dei meglio film fumettosi) c'erano tutte, ed il risultato è appena sufficiente.
Non si può mostrare l'infanzia di Wolverine in 2 minuti, non si possono sprecare personaggi come Blob (scena ridicola, quella sul ring), Bolt, Emma Frost, per non parlare di Gambit! - uno dei motivi principali per cui attendevo questo film, sia chiaro. Gambit è uno dei personaggi migliori degli X-Men, a mio parere, ed in questo film non è stato sfruttato. Addirittura tempo fa ho letto di un tizio che scriveva "Ma Gambit che potere ha? Di fare il caz** che gli pare?", giusto per farvi capire.
Ma veniamo alla trama: Wolverine vive in Canada con la sua amata, lavorando e cercando la pace interiore. Ma l'arrivo del fratello Sabretooth gli sconvolge la vita: la sua amata viene assassinata, e Wolverine si ritrova a dover scontrarsi - nuovamente - con Stryker; il nostro "supererore" si sottoporrà successivamente all'impianto di adamantio nelle sue ossa, diventando ancora più forte ed ancora più pericoloso. In questo film sembra quasi che invece di mostrare il passato e sviluppare meglio il personaggio di Wolverine, lo stesso sia stato "sottovalutato"; è come se fosse un classico personaggio di contorno, in un film dove effettivamente nessuno è il protagonista. Effetti speciali poco speciali e potenzialità poco sfruttate, hanno creato per gli appassionati un po' di delusione (quasi quasi rimpiango X-Men 3); per tutti gli altri è un piacevole film d'azione.

Gavin Hood potrebbe dire: "sono il migliore in quello che faccio, ma non sempre quello che faccio è piacevole".

Io sono Dio






Io sono Dio
di Giorgio Faletti
anno 2009
527 pagine
euro 20









E dopo qualche anno di assenza dalle librerie, a parte la scialba raccolta di scritti brevi “Pochi inutili nascondigli”, ritorna Giorgio Faletti con il suo “Io sono Dio”.
Ad essere sinceri non nutrivo grosse aspettative, ma mi sono dovuto in parte ricredere, soprattutto grazie ad una prosa semplice ma estremamente fluida e a tematiche che colpiscono sempre nel segno.
Faletti è di sicuro uno scrittore di mestiere e quindi sa come far presa sul pubblico, pur tralasciando qualche imperfezione che poteva essere limata.
Ma di questo parleremo in seguito, intanto diamo un'occhiata alla trama.
Un serial killer sta terrorizzando New York e per farlo decide di non uniformarsi alla massa dei comuni assassini. I suoi metodi non prevedono il corpo a corpo, ma uccisioni di massa, stragi apparentemente senza motivo, ma che in realtà affondano le radici in una delle pagine piu' buie della storia americana: la guerra del Vietnam. Gli Stati Uniti, ancora colpiti e scossi dagli attentati dell'11 settembre del 2001, si ritroveranno ad affrontare un nemico invisibile che potrebbe assumere tanto le forme di un terrorista internazionale, quanto di uno psicopatico senza scrupoli. Per venire a capo della vicenda si affideranno alla detective Vivien Light e ad un fotoreporter dal passato misterioso, che però dimostra di possedere informazioni fondamentali per dipanare la matassa, in particolare una lettera dai contenuti sconvolgenti...
La trama è piuttosto in linea con tante altre opere dello stesso filone letterario e nello svolgimento non dimostra particolari scossoni che la allontanino dai cliché del genere, però Faletti dimostra una scioltezza di prosa davvero notevole, che in alcuni punti ricorda l'ottimo esordio “Io uccido” e che invoglia continuamente a voltare pagina.
Ed è questo il vero punto di forza dell'intera opera.
Quello che pero' lo scrittore astigiano non riesce proprio ad evitare, sono delle lungaggini inutili, delle descrizioni che a volte si spingono troppo in la' senza riuscire a coinvolgere il lettore.
In pratica il romanzo inizia a pagina 200...
Da li in poi la storia fila via liscia come l'olio!
Alcuni personaggi sono tratteggiati decisamente bene, altri un po' meno, ma nel complesso non si avverte nessuna carenza marcata da questo punto di vista. Un po' stucchevoli invece le prevedibili storie di amore, di cui francamente si poteva fare a meno senza intaccare lo svolgimento della vicenda...
Anche il finale non è perfetto, dimostrandosi un po' troppo sbrigativo rispetto al complesso delle informazioni messe in campo dall'autore, che avrebbero meritato miglior sorte.
In conclusione “Io sono Dio” è un buon romanzo, non un capolavoro, che riesce a regalare dei piacevoli momenti e che da un certo punto in poi coinvolge senza mezzi termini.
Se cercate innovazione allo stato puro non è un libro per voi, ma se volete una buona storia che vi intrattenga e poco altro, allora potete farci un pensierino!

giovedì 25 giugno 2009

Start



Ci siamo.
Si parte.
La gestazione è stata un po' più lunga del previsto, ma per diverse buone ragioni.
Creare un blog da zero comporta sempre certe valutazioni, un'organizzazione tanto grafica quanto logistica e soprattutto, come nel nostro caso, un coordinamento tra quelli che saranno i redattori del nostro magazine.
Abbiamo deciso di creare un blog anziché un sito vero e proprio, per avere quell'elemento fondamentale che in questo genere di situazioni è sempre carente, se non nullo: il vostro parere.
E' vero, siamo noi a scrivere, ma i veri protagonisti del nostro magazine sarete voi, cari lettori!
L'interazione sarà un elemento fondamentale.
Ogni parere sarà ben accetto, ogni critica verrà ascoltata e tenuta in considerazione, ogni consiglio sarà il benvenuto.
Non abbiamo presunzione di originalità o di professionalità, per quello ci sono già tanti altri siti più specializzati del nostro, ma vogliamo offrirvi delle recensioni scritte in maniera semplice e comprensibile.
Da degli appassionati per degli appassionati.
Perchè questo siamo.
Appassionati di cinema, musica, libri, fumetti e di ogni forma di espressione.
E seppur nessuno di noi sia un professionista, vi assicuro che ogni cosa sarà scritta innanzitutto col cuore e so per certo che questo lo apprezzerete.
Vorrei infine ringraziare tutti coloro che mi stanno aiutando in questo progetto e che ne saranno la spina dorsale.
Ringrazio Mizza, Captain Howdy, Biulls, Il Glifo, Quadrilatero e T3nshi.
Avrete modo di conoscerli con il passare del tempo, quindi lascerò che a parlare siano i loro articoli e la loro passione.
Grazie.
Si comincia.

Shepp.

martedì 16 giugno 2009

Ci siamo quasi!

Per il fine settimana dovremmo esserci! Stiamo lavorando sulla grafica, visto che i contenuti già sono li, pronti e scalpitanti per essere pubblicati!